La filosofia nietzschiana si pone come "demistificazione" della cultura
occidentale, iniziata con l'opera filosofica di Socrate. Nietzsche, attraverso
la passione verso l'antico mondo greco, scoprì il carattere essenzialmente
caotico e disordinato della realtà e intese la stessa vita come forza primordiale
che consuma e distrugge tutto. Nietzsche individuò nella realtà due impulsi,
che sono espressi nell'anima greca e che allo stesso tempo sono alla base
dell'arte. Essi sono l'impulso dionisiaco e quello apollineo.
Il primo impulso intende la vita come costituita da impulsi irrefrenabili
e da disordine, che tende istintivamente al piacere e all'ebbrezza. Al contrario,
l'apollineo tende all'equilibrio, all'ordine, all'armonia e si contrappone
allo spirito dionisiaco. In questa ottica, la cultura occidentale si è mossa
seguendo lo spirito apollineo, cercando di razionalizzare e dunque
di ordinare la realtà, privandola della sua stessa essenza (lo spirito dionisiaco).
Dopo aver analizzato ciò, nella sua prima opera , Nietzsche passa all'analisi
della cultura occidentale, rivelando tutti i falsi miti che hanno contribuito
soltanto ad allontanare l'uomo dalla sua vera natura, ovvero quella di una
vita all'insegna del piacere e dell'ebbrezza, priva di alcuna etica. Il
riconoscimento delle illusioni presenti nei valori della cultura occidentale
porta l'uomo sulla via del nichilismo; egli si accorge improvvisamente come
i valori imposti dalla tradizione occidentale siano così differenti dalla
propria natura. Da questa illusione l'uomo cade nel nichilismo. Nietzsche,
anch'egli nichilista, assunse un atteggiamento superiore, considerando superabile
il nichilismo stesso. Egli distinse due tipi di nichilismo, quello passivo,
che prevede un'atteggiamento di declino e regresso, e quello attivo, che
consiste in un comportamento di esaltazione della vita come espressione
di energia. Dunque è presente in Nietzsche il desiderio di creare una nuova
vita attraverso la propria forza spirituale che viene definita come "volontà
di potenza". Di conseguenza il nichilismo attivo, e lo stravolgimento dei
valori occidentali, operato da Nietzsche, si configurano come un rifiuto
della vecchia tradizione e come presupposto per introdurre il concetto di
un nuovo uomo detto superuomo. Il superuomo
nietzschiano nasce dunque come riconoscimento dei valori falsi della cultura
occidentale, ormai decaduti e morti (fra cui la morte di Dio, descritta
nell'opera "L'anticristo", esplicita condanna al Cristianesimo) e vive il
superamento di essi attraverso la fase del nichilismo attivo e la volontà
di potenza, incarnando nel contempo lo spirito dionisiaco. Si
delinea di conseguenza una nuova umanità (che Nietzsche descrive nell'opera
"Così parlò Zarathustra"), che dovrà essere libera dalle superstizioni e
da ogni forma tradizionale di cultura (religiosa , morale, estetica, ecc)
e dovrà realizzarsi pienamente (con la volontà di potenza), in base alla
propria morale, a dispetto e in contrasto al resto della società. Inoltre
il superuomo dovrà sapersi collocare nella prospettiva dell'eterno ritorno,
ovvero dovrà credere alla dottrina secondo la quale tutte le realtà e gli
eventi del mondo sono destinati a ritornare identicamente infinite volte.
Dunque dovrà vivere come se tutto dovesse ritornare (a differenza dell'uomo
occidentale che vive nella condizione del tempo lineare), e dovrà vivere
la vita come un gioco creativo e avente in sé medesimo il proprio senso
appagante. In questa ottica, l'eterno ritorno incarna al massimo grado l'accettazione
superomistica dell'essere e della realtà, determinando "la suprema formula
dell'affermazione che possa essere mai raggiunta". Il concetto di superuomo
sarà poi ripreso da Gabriele D'Annunzio (che
fu un grande ammiratore di Nietzsche), ma trasfigurato nella realtà italiana
e inteso come affermazione dell'uomo nella storia in una dimensione puramente
estetica e politica, come risposta alla crisi dei valori del decadentismo.
I due superuomini DANNUNZiani che incarnarono tali aspetti furono Giorgio
Aurispa ne "Il trionfo della morte" e Claudio
Cantelmo ne "Le vergini delle rocce". |